Il padre, nel corso dell’evoluzione, è stato sicuramente il genitore che più si è rapportato al mondo esterno rispetto agli altri membri del nucleo familiare, mentre la madre ha speso gran parte delle sue energie e del suo tempo nella cura dei figli. Il padre è stato pertanto in genere il principale sostegno economico della famiglia e colui che ha procurato i beni primari per il  sostentamento. Basti pensare alle attività di caccia,  di pesca, agricole e di allevamento, mentre la donna si è dedicata piuttosto alla trasformazione in ambito familiare di tali “materie prime” ed alla cura delle persone.

Va da sé pertanto che l’uomo, oltre ad essere il sesso più forte fisicamente e quindi il più idoneo ad infondere nei figli sentimenti di sicurezza, è anche colui che si è confrontato più direttamente con la “durezza” dell’ambiente e le difficoltà incontrate nella ricerca del “pane quotidiano”, dovendo intendersi come ambiente non solo quello geografico, ma anche quello sociale. Il confronto sociale, non necessariamente inteso come competizione ma anche come cooperazione, hanno così presumibilmente fatto sì che, soprattutto nel genere maschile, si stratificasse nel corso dei millenni un bagaglio di attitudini e di abilità atte a favorire l’adattamento all’ambiente lavorativo extrafamiliare.

Il padre pertanto, ancora oggi, in quanto questi processi non possono esaurirsi nel corso di poche generazioni, è il genitore più idoneo ad infondere sentimenti di autostima, di fiducia in sé e di autoefficacia nei figli di entrambi i sessi, a promuoverne l’indipendenza economica proiettandoli nel mondo del lavoro ed a trasmettere loro quelle capacità di confrontarsi in modo adattativo, gli psicologi direbbero in modo “assertivo”, con l’ambiente sociale. L’assertività è quella capacità comunicativa che ci permette di far rispettare i nostri diritti, rispettando contemporaneamente quelli altrui e quindi di interagire efficacemente con gli altri.

Ne discende, a mio avviso, che cercare di favorire la realizzazione lavorativa degli individui senza ottimizzare il rapporto con la figura paterna, rischia di rendere ogni tentativo in tal senso monco e svantaggiato in partenza.

Ovviamente ottimizzare il rapporto con il proprio padre richiede un percorso, seppur breve di psicoterapia, ed esula pertanto dalle competenze acquisibili con i corsi ed i servizi di marketing. Ritengo tuttavia che andrebbe incentivata la consapevolezza dell’importanza che riveste la figura paterna per l’autorealizzazione nel mondo del lavoro.

Possono esserci molti casi in cui un supporto psicologico non è necessario, ma ce ne possono essere molti altri in cui invece è utile o imprescindibile. Esso renderebbe “spontanei” quei comportamenti che favoriscono un inserimento gratificante nel mondo del lavoro, facilitando di conseguenza enormemente la riuscita delle strategie apprese nei corsi di marketing.

Le tecniche psicodrammatiche della Terapia della Gestalt possono prestarsi ottimamente allo scopo ottenendo risultati in poche sedute.

https://www.topdoctors.it/articoli-medici/la-terapia-della-gestalt-per-risolvere-i-problemi-di-relazione

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